Bassano del Grappa 1549 – 1592. Il ratto delle Sabine, olio su tela, cm 182x256. Questa splendida tela di grande formato che rappresenta il Ratto delle Sabine, uno tra gli episodi più antichi della storia di Roma, avvolti ancora in un'aura leggendaria e tramandati sino a noi dalla narrazione di Tito Livio, è da ritenersi senz'altro "una delle creazioni più alte di Francesco Bassano" (comunicazione scritta di Egidio Martini, 1985), un capolavoro del pittore "assai vicino per la sua straordinaria qualità stilistica ed espressiva alla pittura del padre Jacopo, con il quale spesso collaborò in molte opere". Ne è nota una versione di dimensioni assai maggiori (cm 296x415), firmata "Franc.us Bassa", oggi conservata alla Pinacoteca Sabauda di Torino, che risulta essere stata già in possesso di Carlo Emanuele I di Savoia nel 1590 (G.P. Lomazzo, Idea del tempio della pittura, Milano 1590, ed. Roma 1947, p. 160). Si tratta della più celebre delle tele bassanesche del museo, definita da E. Arslan (I Bassano, Bologna 1931, pp. 212-214, 231) "felice per gli impasti di colore ed i bagliori luministici che rivelano ancora i frutti dell'insegnamento paterno". Tale replica, peraltro, secondo il condivisibile giudizio del Martini, "come qualità pittorica è superata chiaramente" dalla tela che qui si presenta, da lui ritenuta "antecedente e il prototipo dell'altra", ciò che suggerisce una sua collocazione cronologica tra il 1580 e, appunto, il 1590. Indubbia è la sua eccezionale qualità. La contraddistinguono, infatti, una ricca e sapiente intelaiatura compositiva, "dove molti particolari vivissimi, pur entro la struttura dell'insieme, presi a sé, sono altrettanti preziosi, quadri dentro al quadro" e un'altrettanto straordinaria gamma cromatica giocata sui verdi, i gialli, i rossi, che contribuiscono a sottolineare la drammatica concitazione della scena, dominata sulla destra dal grande cavallo bianco, che s'impenna, quasi disarcionando il proprio cavaliere e la bella fanciulla da lui rapita.